Perché la musica ha un effetto così potente sulle nostre emozioni?
La musica è l’arte che è più vicina alle lacrime e alla memoria. (Oscar Wilde)
Di Stefania Caudana
Per molti è un’esperienza comune quella di sentire una musica e di ricordare un evento, un tempo, di vivere o rivivere un’emozione. Non a caso Oscar Wilde avvicina la musica, più di ogni altra forma di arte, alle emozioni e alla memoria, cioè ai ricordi. Pensiamo che il feto, già nel pancione della mamma, interagisce e risponde ai suoni e alla musica sin dalla sedicesima settimana di gravidanza, portandone memoria e riconoscendola una volta uscito dalla pancia. Ma che cosa è la musica e perché ha effetti così potenti sul cervello e sulle emozioni dell’uomo? Per musica intendiamo “l’arte di combinare i suoni della voce umana e degli strumenti in modo che producano una melodia per com-muovere la sensibilità, che sia con allegria o con tristezza”. Considerata una, se non la più alta, forma d’arte fin dall’antichità, si tratta di un codice, di un linguaggio universale, presente in tutte le culture e in tutti i tempi della storia dell’umanità. Una piccola ricerca ci porta a scoprire una interessante curiosità: i geroglifici che rappresentavano la parola “musica” erano identici a quelli che rappresentavano gli stati di “allegria” e di “benessere”. Inoltre, in Cina, i due ideogrammi che la rappresentano, significano “divertisti con il suono”, giocare con esso. Ricordo, anni fa, che un’amica neurologa mi raccontò di essersi accorta come una sua paziente affetta da Halzheimer non riuscisse a ricordare pressochè nulla della sua storia, se non attraverso la musica, unico linguaggio e ponte che le permetteva di recuperare e rivivere dei ricordi; ormai diffusi sono gli studi e le ricerche che applicano il campo musicale per trattare tipologie differenti di patologie, come ad esempio l’autismo. Alcune si muovono nel campo della musicoterapia, ma esistono anche progetti in cui professionalità distinte si incontrano: come nel Relational Singing Model – consapevolezza di sé e relazione, una metodologia impostata da Giorgio Guiot, musicista e direttore di coro, e dalla sua associazione Cantabile di Torino, per approfondire i legami tra canto e persona, rivolta a bambini, adolescenti e adulti che si trovano in situazioni di particolari difficoltà relazionale ed emotiva, in un dialogo costante tra canto e psicologia. Le aree del cervello che si attivano con le emozioni e la musica sono praticamente le stesse: quando le onde della musica penetrano nelle nostre orecchie, il cervello risponde in modo automatico in base al suono, i battiti del cuore si sincronizzano con il ritmo della musica, con il potere di influenzare in modo significativo il nostro funzionamento. Infine non dimentichiamo di considerare l’aspetto fortemente relazionale della musica: capace di attivare emozioni e immagini di una storia vissuta o rappresentata in una dimensione di relazione intrapsichica, capace di unire, facendo sentire l’appartenenza – come dimostrano magistralmente gli adolescenti, che si riconoscono appartenenti ad un gruppo anche in base ai gusti musicali – in una dimensione eterospichica, sociale ed interattiva. Quindi musica come arte, come identità, come relazione, come memoria e ricordi, come emozioni, come gioco e soprattutto suono, originario, ancestrale, profondo: così potente da agganciarsi al corpo e ai suoi linguaggi e da muoverlo.